Il canguro più tenero che incrocerai sul web, è stato immortalato mentre abbraccia un peluche
A volte è proprio vero che un’immagine vale più di mille parole. Un canguro di nome Doodlebug stringe a sé un orsacchiotto con affetto, inconsapevole di aver conquistato il cuore di migliaia di persone su internet. Non ci sono parole: la foto fa il giro del web, risulta irresistibile per chiunque.
La foto, scattata dalla madre di Tim Beshara, un consulente ambientale australiano, ha fatto il giro del web in pochissimo tempo, commuovendo gli utenti per la sua dolcezza e semplicità. Il canguro diventa immediatamente l’icona della dolcezza australiana e del suo mondo animale così variegato.
Doodlebug, il piccolo marsupiale grigio in questione, è un animale molto diffuso in Australia. Il canguro “tenerone” è stato trovato solo e abbandonato. Si presume che sia caduto dalla tasca della madre quando era ancora un cucciolo. Accolto e curato dalla signora Beshara, una donna che dedica il suo tempo libero alla cura di animali selvatici in difficoltà, Doodlebug ha trovato conforto in un morbido orsacchiotto.
L’immagine del canguro che abbraccia il suo giocattolo è un simbolo di speranza e resilienza. Nonostante le avversità, Doodlebug ha trovato affetto e sicurezza in un oggetto che rappresenta per lui una figura materna. Un misto di tristezza e tenerezza che fa riflettere molto sulla sofferenza del fenomeno dell’abbandono.
La storia di Doodlebug ha anche acceso i riflettori sul prezioso lavoro svolto da persone come la signora Beshara, che si dedicano con amore e dedizione alla cura degli animali selvatici in difficoltà. Un piccolo gesto di gentilezza, come donare un orsacchiotto a un canguro orfano, può fare la differenza nella vita di un animale vulnerabile.
La foto di Doodlebug è un invito a non dimenticare l’importanza di prendersi cura del pianeta e di tutte le creature che lo abitano. Noi, dal canto nostro, non possiamo dimenticare il potere degli animali e la loro capacità di trasmettere emozioni profonde agli esseri umani.
